Rassegna sul Reato di Atti persecutori, art. 612 bis c.p. (c.d. stalking). Aggiornamento a maggio 2024
La rassegna riporta la giurisprudenza della Corte di cassazione sul reato di “Atti persecutori” (art. 612 bis c.p.). Le pronunce sono state selezionate tra le 259 sentenze depositate tra gennaio e maggio 2024 in materia, secondo un criterio di rilevanza e di interesse per i temi di ricerca dell’Osservatorio. La rassegna è stata redatta da Martina Millefiorini ed Elettra Coppola, con la supervisione delle avv. Ivonne Panfilo e Tatiana Montella.
- Elementi costitutivi del reato di atti persecutori
“Il reato di atti persecutori ha due elementi costitutivi che il giudice deve verificare: l’abitualità delle condotte, ovvero la loro reiterazione e la presenza di una condotta complessivamente persecutoria; la causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura che viene valutato ascoltando la persona offesa o la costrizione al cambiamento delle abitudini di vita di cui bisogna valutare l’impatto psicologico più che la quantità di cambiamenti apportati”.
Nella sentenza Cass. pen., Sez. V, dep. 07.03.2024, n. 9878 la Corte è stata chiamata a pronunciarsi su un caso di atti persecutori. L’imputata, con reiterate condotte di molestia e di minaccia nei confronti dell’ex coniuge, e della sorella di quest’ultimo, ingenerava nella persona offesa un perdurante e grave stato di paura per la propria incolumità, costringendo lo stesso a cambiare le proprie abitudini di vita, in particolare, a non uscire di casa da solo e a non recarsi a prendere la figlia a scuola. Avverso la sentenza, l’imputata ha proposto ricorso per cassazione. I motivi hanno a oggetto violazione di legge e vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale erroneamente ravvisato nella condotta dell’imputata gli elementi costituitivi del reato di atti persecutori.
La Corte ha ritenuto infondato il ricorso ed ha stabilito, in merito all’abitualità delle condotte necessaria per configurare il reato, che: “Il delitto di cui all’art. 612 bis cod. pen. ha natura di reato abituale; in quanto tale, è la condotta nel suo complesso ad assumere rilevanza e, in tal senso, l’essenza dell’incriminazione di cui si tratta si coglie non già nello spettro degli atti considerati tipici, bensì nella loro reiterazione, elemento che li cementa. È dunque l’atteggiamento persecutorio ad assumere specifica autonoma offensività ed è per l’appunto alla condotta persecutoria nel suo complesso che deve guardarsi per valutarne la tipicità”.
Inoltre, i giudici hanno stabilito che: “La prova dell’evento del delitto, in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall’agente ed anche da quest’ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l’evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata […] Si ricorda anche che ai fini della individuazione dell’evento ‘cambiamento delle abitudini di vita’, occorre considerare il significato e le conseguenze emotive della costrizione sulle abitudini di vita cui la vittima sente di essere costretta e non la valutazione, puramente quantitativa, delle variazioni apportate”.
- Elemento soggettivo del reato di atti persecutori
“L’elemento soggettivo del reato di atti persecutori è il dolo generico, ovvero la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell’abitualità del proprio agire, ma non è prevista la preordinazione delle condotte potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l’occasione”.
Nella sentenza Cass. pen., Sez. V, dep. 29.02.2024, n. 8915 un uomo era stato condannato per atti persecutori, dopo una precedente assoluzione decisa dal Tribunale di primo grado.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione per violazione di legge e vizio di motivazione, difettando, secondo la difesa, la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, posto che le condotte dell’imputato sarebbero il frutto dell’esasperazione in cui si trovava, in conseguenza della condotta ostruzionistica della moglie che non gli consentiva il contatto con i figli.
La Corte ha rigettato il ricorso ed ha stabilito che: “Il delitto di atti persecutori è reato abituale di evento, per la cui sussistenza, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, è sufficiente il dolo generico, il quale è integrato dalla volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice”.
Secondo i giudici l’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo generico, presuppone “la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell’abitualità del proprio agire, ma non postula la preordinazione di tali condotte – elemento non previsto sul fronte della tipicità normativa – potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l’occasione”.
- Il reato di atti persecutori come reato abituale di evento
“Il reato di atti persecutori è reato abituale di evento ‘per accumulo’, si perfeziona al momento della realizzazione di uno degli eventi alternativi previsti dalla norma e si consuma al compimento dell’ultimo degli atti della condotta criminosa”.
Nella sentenza Cass. pen., Sez. V, dep. 29.01.2024, n. 3427 il caso sottoposto alla Corte consisteva in atti persecutori. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione e tra i motivi sono stati dedotti la violazione degli artt. 25, comma 2, Cost., 7, par. 1, Carta EDU e 2 cod. pen. e il vizio di motivazione, in ragione dell’applicazione della pena deteriore prevista dall’art. 612-bis cod. pen. nel testo modificato dalla legge 19 luglio 2019, n. 69, in vigore dal 9 agosto 2019. Secondo la difesa, il fatto del ricorrente avrebbe avuto luogo in parte anteriormente e in parte successivamente a tale data, dunque dovrebbe applicarsi la disciplina pregressa, più favorevole.
La Corte ha rigettato il ricorso, confermando la pena applicata della corte territoriale ed ha stabilito che: “La giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere che il delitto di atti persecutori sia un reato abituale di danno integrato dalla necessaria reiterazione dei comportamenti descritti dalla norma incriminatrice, nonché al loro effettivo inserimento nella sequenza causale che porta alla determinazione dell’evento, il quale deve essere il risultato della condotta persecutoria nel suo complesso, sicché ciò che rileva non è la datazione dei singoli atti, quanto la loro identificabilità quali segmenti di una condotta unitaria, causalmente orientata alla produzione dell’evento”. Infatti, continuano i giudici, è “la reiterazione degli atti considerati ‘tipici’ a costituire elemento unificante ed essenziale della fattispecie, facendo assumere ad essi un’autonoma unitaria offensività, in quanto è proprio dalla loro reiterazione che deriva nella vittima un progressivo accumulo di disagio che, infine, degenera in uno stato di prostrazione psicologica. Tanto che il reato, per l’appunto, abituale di evento ‘per accumulo’, si perfeziona al momento della realizzazione di uno degli eventi alternativi previsti dalla norma e si consuma al compimento dell’ultimo degli atti della sequenza criminosa integrativa della abitualità del reato”.
Secondo i giudici, se il reato è unico e si consuma al compimento dell’ultimo degli atti della sequenza criminosa, al fine di individuare la pena per esso applicabile, deve farsi riferimento all’ultima condotta posta in essere dall’agente e, quindi, nella specie, al testo dell’art. 612-bis cod. pen. vigente nel gennaio 2020 e già modificato in peius dalla norma del 2019. La Corte, sul punto, ha indicato che: “è la condotta il punto di riferimento temporale essenziale a garantire la ‘calcolabilità’ delle conseguenze penali e, con essa, l’autodeterminazione della persona: ed è a tale punto di riferimento temporale che deve essere riconnessa l’operatività del principio di irretroattività ex art. 25 Cost. (Cass. sez un., n. 40986 del 19.07.2018)”.
- Atti persecutori e reato di molestia o disturbo alle persone, art. 660 c.p.
“Si applica il reato di atti persecutori (art. 612 bis c.p.) solo qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l’alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all’art.660 c.p. ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato”.
Nella sentenza Cass. pen., Sez. V, dep. 13.02.2024, n. 18807, un uomo era stato condannato per atti persecutori aggravati nei confronti della ex coniuge. Tra i motivi del ricorso l’imputato lamenta vizio di motivazione quanto alle argomentazioni relative alla sussistenza del delitto di atti persecutori. Il ricorrente denuncia che non sarebbe stata valutata dalla sentenza impugnata l’insussistenza dell’elemento soggettivo del delitto, come anche degli eventi previsti dalla norma incriminatrice, non considerando che la persona offesa non aveva subito alcun turbamento, conducendo una vita regolare anche perché l’imputato viveva a numerosi chilometri da lei.
Secondo i giudici, la Corte d’appello ha condannato l’uomo ben avvalorando le numerose minacce di morte e percosse dell’imputato verso la donna a mezzo telefonico e le sporadiche persecuzioni ‘in presenza’, richiamando correttamente la circostanza per la quale: “è sufficiente che la condotta abbia avuto un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima per la configurazione del reato”.
Nel secondo motivo del ricorso, la difesa deduceva vizio di motivazione in ordine alla richiesta di derubricazione della condotta di atti persecutori in quella di molestie, ex art. 660 cod. pen. Secondo i giudici, anche su questo punto la corte territoriale ha correttamente ritenuto verificati gli eventi previsti dall’art. 612-bis cod. pen., escludendo la riqualificazione della condotta in quella di molestie, in linea con il principio che distingue tra il reato di atti persecutori e quello di cui all’art. 660 c.p. I giudici hanno stabilito che ricorre l’art. 612 bis c.p.: “Solo qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l’alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all’art.660 cod. pen. ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato”. I giudici hanno perciò rigettato interamente il ricorso.